Scritto da Giulia Reina
Milano, Via Tocqueville. L’Original flagship store adidas diventa un tempio della cultura underground. Lo vedi nei dettagli: gli sguardi che si incrociano e si riconoscono, caricandosi di energia, il cemento che rimbomba sotto le sneakers. Qui, non sei un ospite. Sei parte di qualcosa. La serata non è un semplice mix di moda, arte e musica. È un rito collettivo, un’esperienza che ti riscrive dentro.
No Ball Games nasce dalla mente di Enrico Rassu. Non un organizzatore, non un fotografo, non un semplice creativo. Un visionario. “No Ball Games esiste per essere liberi di essere quello che sei e quello che vorresti”, afferma, e questa frase non è solo uno slogan, è una dichiarazione d’intenti. Non è un evento, è un battito, un codice, un linguaggio che chi sta dentro capisce al primo sguardo. E se non lo capisci, lo vivi. Enrico ha portato a Milano una dimensione ancora più ampia, arricchendo la serata con ospiti internazionali, tra cui un rapper direttamente dal Regno Unito, che ha incendiato il palco con un flow crudo e potente, capace di trascendere le barriere linguistiche e culturali.
Questa era la seconda edizione dell’evento, eppure per me era la prima volta. Non ero riuscita a partecipare alla precedente, ma questa volta sapevo di non poter mancare. Entrare nel flagship store quella sera significava immergersi in un microcosmo vibrante, dove i confini tra performer e pubblico si annullavano in un’atmosfera di pura condivisione. Ogni passo all’interno dello spazio portava con sé una nuova sensazione: le luci soffuse, il suono avvolgente, la consapevolezza di essere parte di qualcosa che andava oltre il semplice concetto di evento. Era una celebrazione dell’espressione artistica in tutte le sue forme.
Il negozio, normalmente dedito al retail, si trasforma in un vero e proprio laboratorio di creatività. Le luci e i suoni che avvolgono l’aria sono solo l’inizio di un’esperienza che si dipana tra open mic, performance musicali e la possibilità di essere immortalati in un ritratto istantaneo, grazie al lavoro del fotografo Alessandro Simonetti, in arte Zuek. È il luogo dove non si tratta solo di essere spettatori, ma di essere protagonisti, di vivere il presente in modo autentico e senza filtri.
Un angolo dello store proietta un video che racconta il mondo di No Ball Games, un montaggio di frammenti rubati da eventi passati: dall’edicola trasformata in punto di ritrovo, ai mixtape registrati in casa, fino alla prima edizione in galleria. Momenti vissuti senza copione, pura spontaneità cristallizzata in immagini. Sono frammenti di una storia in continua evoluzione, pezzi di un puzzle che si completa solo con la presenza di chi lo vive. Il pubblico osserva in silenzio, come se ogni frame fosse un ricordo che gli appartiene, anche se è la prima volta che lo vede. Le foto raccontano di volti concentrati, di mani che reggono microfoni con forza, di notti infinite in cui la creatività non si spegne mai. Ogni scatto è una testimonianza di spontaneità, di qualcosa che non è stato costruito a tavolino ma è nato dal bisogno di esprimersi.
Fuori, davanti all’ingresso, l’energia non è da meno. Un gruppo si raduna in cerchio, tra chi fa freestyle, chi ascolta con attenzione e chi riprende tutto con il telefono, catturando l’istante prima che svanisca. È in questi momenti che si creano nuovi intrecci, connessioni che nascono da una rima ben piazzata o da un semplice cenno di intesa. La strada diventa un prolungamento naturale dell’evento, un altro palco senza confini.
Adidas, con la sua lunga storia di inclusività ed innovazione, è il partner ideale per accompagnare un evento come No Ball Games. Il brand non è solo un simbolo di performance sportiva, ma una manifestazione concreta della cultura urbana e della collettività che si intrecciano. Da sempre, Adidas ha saputo interpretare l’autenticità della strada, valorizzando l’individualità senza mai dimenticare il concetto di comunità. In un contesto underground, dove l’inclusione è fondamentale e ogni voce ha valore, Adidas riesce a farsi portavoce di un messaggio che non riguarda solo il prodotto, ma il modo in cui il prodotto e le persone interagiscono. È un marchio che celebra l’espressione di sé, l’autenticità e la forza di un movimento collettivo che si nutre di diversità e connessione.
I suoni fluttuano tra le pareti di cemento dello store, creando una sensazione di unità tra la musica, le persone e l’ambiente. Ogni angolo è un dettaglio in movimento, un frammento di un universo che prende forma sotto lo sguardo di chi è presente. Qui, non ci sono barriere. Tutti possono partecipare, tutti possono salire sul palco, prendere un microfono e lasciarsi trasportare. È come un rituale collettivo, un momento in cui le voci si sovrappongono e si fondono con il ritmo, come onde che si infrangono su una costa invisibile. I bassi spingono, le pareti vibrano, i corpi si muovono all’unisono. Sei mai stato in un posto dove tutto e tutti sembrano parte dello stesso respiro? Questo è No Ball Games.
L’open mic, cuore pulsante dell’evento, offre a chiunque lo desideri l’opportunità di salire sul palco e far sentire la propria voce. Rap, spoken word, improvvisazioni vocali: il microfono diventa uno strumento di liberazione, un canale attraverso cui esprimere pensieri, emozioni e storie. Non è un concorso, non c’è una vittoria da conquistare. È un’occasione per essere se stessi, per entrare in sintonia con chi ci circonda, per sentire che la musica non è solo un mezzo di intrattenimento, ma un linguaggio universale. È una sorta di battesimo sonoro, un atto di coraggio e di espressione pura, in cui ogni voce aggiunge un tassello all’atmosfera magica della serata.
E se non sei sul palco, sei nella lente di Zuek. Alessandro Simonetti congela istanti. Ogni scatto è una polaroid dell’anima, un frammento che urla: “Io c’ero, io ho sentito”. In un’epoca dove tutto si dissolve in uno scroll infinito, tenere in mano una foto stampata è un atto di resistenza, una sensazione di autenticità che sembra essersi persa altrove.
L’evento non è solo una serata di musica e fotografia, è una dichiarazione. Una dichiarazione di appartenenza a una comunità che vede nell’autenticità e nella spontaneità il proprio valore. Le persone che partecipano non sono solo consumatori passivi, ma attori di una scena che celebra la cultura urbana, la musica e l’arte visiva. La cultura del collettivo No Ball Games si riflette in ogni angolo, ogni suono, ogni scatto. Non si tratta solo di un evento, ma di un incontro, di una sinergia che si crea tra tutti i partecipanti. È un momento di condivisione, di espressione, di creazione.
Le luci del flagship store si affievoliscono mentre la serata si avvia alla conclusione, ma la sensazione di aver fatto parte di qualcosa di speciale rimane nell’aria. Non sono solo i volti immortalati da Zuek, i brani suonati dai DJ o l’incredibile e contagiosa energia di Enrico a rimanere impressi nella memoria, ma la consapevolezza di essere stati parte di un’esperienza autentica. Una serata dove la musica, l’arte e la moda si sono incontrate in una fusione perfetta, creando un’atmosfera che va oltre il semplice intrattenimento.
E mentre tutti si avviano verso l’uscita, c’è una sensazione di gratitudine nell’aria, come se ciascuno di noi avesse contribuito a creare qualcosa di unico. No Ball Games non è stato solo un momento da vivere, ma un momento da portare con sé, un frammento di una cultura che non smette di evolversi, di sfidare le convenzioni, di celebrare l’autenticità e la bellezza della collettività.
In un mondo che spesso ci chiede di essere qualcun altro, eventi come questo ricordano che la vera forza sta nell’abbracciare ciò che siamo veramente e nel condividere questa autenticità con gli altri. Nella cultura underground, ogni voce conta, ogni esperienza è valida, e solo attraverso la connessione e la condivisione possiamo creare qualcosa che vada oltre il singolo individuo.
Chi c’era lo sa: certe notti non sono fatte per essere raccontate, ma per essere ricordate nella pelle, nelle orecchie che ancora vibrano, negli occhi che brillano di una luce nuova. No Ball Games non è un evento che si conclude. È una scossa che porti dentro, una promessa che non smette di ripetersi.